Omelia: L’importanza dell’umiltà

Usando Lc 18,9-14, padre Jonas parla dell’umiltà durante la Messa delle 8 del 26 ottobre 2025 presso la Chiesa di San Pietro in Montorio a Roma.

Il primo atteggiamento deve essere l’umiltà, e da essa nasce il ringraziamento.

Dio vi benedica.

Ecco il testo dell’omelia:

Negli Stati Uniti, c’è uno stereotipo secondo cui i cattolici (preti e laici) preferiscono sedersi nell’ultima fila della chiesa. Forse vogliamo imitare le azioni del pubblicano nel Vangelo di oggi, che ci insegna l’importanza dell’umiltà.

L’essenza di questa virtù è riconoscere che noi siamo creature e Dio è il Creatore e il donatore di tutti i beni. Questa verità ci rende umili e grati.

Nella parabola, il fariseo e il pubblicano sono entrambi sinceri nella preghiera, perché rivelano il loro cuore. Il fariseo è grato ma non umile, mentre il pubblicano è umile. Nel suo immenso amore per noi, Gesù insegna che il primo atteggiamento deve essere l’umiltà, e da essa nasce il ringraziamento.

Egli dice: «Io vi dico: [il pubblicano] questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Sorge allora una domanda: qual è la differenza tra il fariseo e l’apostolo Paolo, anch’egli un fariseo?

Nella seconda lettura, Paolo parla con fierezza della sua vita: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno».

Nel Vangelo, il fariseo si vanta delle proprie capacità e non riconosce che anche queste sono un dono di Dio. Paolo invece si gloria della grazia e della presenza di Dio durante la sua missione di predicatore: «Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero».

Quando l’uomo afferma solo le proprie capacità, il mondo rinnega i doni di Dio, perché lo considera un avversario che ci sottrae potere. Noi invece crediamo che Dio è la fonte di tutti i beni. Possiamo compiere molte cose quando viviamo in Lui.

Gesù dice: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla».

La Messa ci ricorda questa verità: all’inizio, come il pubblicano, chiediamo la misericordia di Dio. Poi il sacerdote, insieme alla comunità, offre a Dio Padre il pane e il vino, che sono già doni di Dio. Attraverso lo Spirito Santo e le parole della consacrazione, essi diventano Gesù, che riceviamo nell’Eucaristia, la nostra forza per amare e aiutare gli altri.

Alla fine della Messa, il sacerdote dice in latino: «Ite, Missa est», che significa: «Andate, l’Eucaristia (Gesù) è stata donata a voi, perché la portiate agli altri».

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