La prima registrazione della mia omelia italiana: La risposta cristiana alla sofferenza

Prima di andare in vacanza, padre Giustino mi ha chiesto di celebrare due Messe domenicali. Ecco la mia prima registrazione di un’omelia in italiano.

Usando Marco 8,27-35, parlo della risposta cristiana alla sofferenza durante la Messa delle 10 del 15 settembre 2024 presso la Cappella di Sant’Ignazio di Loyola a Selcetta, vicino a Roma.

La risposta cristiana alla sofferenza: confidare, accettare, dare amore.

Dio vi benedica.

Ecco il testo dell’omelia:

          Due sabati fa, ho avuto il mal di stomaco. Avevo paura che fosse l’appendice. Sono andato immediatamente in ospedale. Dopo gli esami medici e molte ore d’attesa, il medico non ha trovato nulla di grave. Il giorno dopo, mi sentivo meglio. Grazie a Dio.

          Questo episodio mi ha fatto nascere una domanda:

          Cosa facciamo di fronte alla sofferenza nella nostra vita e in quella degli altri?

          Oggi, le tre letture ci insegnano una risposta in tre passi: confidare, accettare e dare amore.

          Il primo passo: confidare.

          Dobbiamo confidare nella presenza di Gesù nel momento della sofferenza.

          Il profeta Isaia e il salmo danno tanta fiducia.

          In mezzo alla tortura, il profeta scrive: “Il Signore Dio mi assiste.” Il salmista dice: “Amo il Signore, perché ascolta il grido della mia preghiera.”

          Il Signore non può né ascoltare né assistere a meno che non sia con noi.

          A causa del nostro battesimo, Gesù è sempre con noi in ogni momento. Cristo vuole essere con noi anche nella nostra sofferenza.

          Ma il dolore ci fa dimenticare questa verità. Ci sentiamo soli con il dolore. Ci lamentiamo: “Dov’è il Signore?” Quindi dobbiamo fare un atto di fede nella presenza di Gesù.

          “Gesù, in questo momento confido nella tua presenza.”

          Quando nel nostro cuore sappiamo che Gesù è con noi, possiamo fare cose meravigliose con lui.

         Poi, il secondo passo: accettare.

          Dobbiamo accettare questo momento di sofferenza.

          Nel Vangelo, Pietro fa una grande confessione di fede in Gesù ma non vuole accettare la sua imminente sofferenza.

          Quante volte facciamo lo stesso? Quante volte crediamo in Gesù ma non accettiamo la nostra croce? La malattia, la difficoltà o il fallimento?

          Il Signore chiama Pietro Satana perché il diavolo poteva dire che Gesù era il Figlio di Dio ma non avrebbe seguito la sua strada, la strada del sacrificio o del dono di sé stesso per l’altro.

          Ma Gesù accetta la sua sofferenza e la sua morte per salvarci. Dunque, noi cristiani nel Corpo Mistico di Cristo possiamo accettare la nostra sofferenza perché lui l’ha già accettata sulla Croce.

          Con l’accettazione, arriviamo al terzo passo: dare amore.

          La lettera di Giacomo ci esorta ad aiutare gli altri. È una formula semplice: La fede più le opere fanno l’amore divino.

          Quando accettiamo la nostra sofferenza e confidiamo nella presenza di Gesù in quel dolore, possiamo aiutare gli altri con l’amore divino. La sofferenza taglia ed apre il nostro cuore duro.

          Allo stesso modo, i cuori puri di Gesù e di Maria si tagliano al Calvario. Quindi, ci amano sempre; sempre nella nostra sofferenza.

         L’amore divino ci cambia, dandoci la forza e concedendoci la guarigione interiore e a volte esteriore.

         A questo proposito, vi racconto un fatto che ha del miracoloso:

         Durante la mia vacanza quest’estate, mia madre mi ha chiesto di dare l’estrema unzione ad una sua amica, che ha la malattia di Alzheimer. Io ho spiegato lentamente, a tutti nella stanza, ogni passo dell’unzione in modo che l’amica non si spaventasse. Quando ho messo le mie mani sulla sua testa, lei ha riso. Poi, io e mia madre ce ne siamo andati.

          La domenica seguente, abbiamo visto la sua amica e suo marito alla Messa. Una parrocchiana parlava con loro. L’amica sorrideva e accennava col capo.

          Vedendoli andar via, mia madre ha detto: “Lei sta meglio. È più consapevole.”

          Sono rimasto in silenzio ma ho pensato: “Il sacramento effettivamente funziona!” Avevo sentito parlare dei miracoli con l’unzione degli infermi. Ma assistere ad un miracolo è stato meraviglioso!

          Il sacramento funziona perché Cristo è presente lì con noi, accetta la nostra sofferenza, e ci dà la forza per vivere.

         Cosa facciamo di fronte alla sofferenza nella nostra vita e in quella degli altri?

          Confidiamo, accettiamo, e diamo amore.

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